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Centrale Valutativa è una realtà di ricerca sociale e valutativa che si sta affermando nel panorama italiano. Chi ha imparato a conoscerci sa che siamo attenti ai contesti, alle esigenze dei committenti e, specialmente, al rigore nel metodo. Basta dare un’occhiata al nostro blog, sul sito di Centrale, per capire che ogni nuovo lavoro per noi è una nuova sfida, che richiede nuove e originali riflessioni metodologiche. Per noi la qualità della riflessione metodologica è una costante ricerca che sedimenta il nostro studio costante, l’analisi dei lavori fatti, il confronto fra pari.
In questa declinazione professionale, dove il convincimento della qualità del metodo governa le scelte commerciali, abbiamo avuto modo, di recente, di pubblicare un volume sulla valutazione della comunicazione pubblica, presso l’editore Bonanno, a firma mia (amministratore unico di Centrale), del collega Walter Antonio Canu (valutatore e futuro socio di Centrale) e Claudio Bezzi (nostro “manutentore”).
A seguito di questa esperienza, l’editore Bonanno ci ha offerto di dirigere una nuova collana editoriale centrata sull’innovazione metodologica, sulla presentazione di pratiche e tecniche di ricerca sociale e valutativa originali, capaci di immaginare soluzioni efficaci, praticabili, alla complessità crescente del campo di ricerca. Sono pertanto molto lieto di comunicare che, assieme a Canu e Bezzi, stiamo organizzando questa collana che vedrà la pubblicazione dei primi volumi fra fine 2021 e i primi mesi del 2022.
Riporto, qui di seguito, le parti salienti del rationale che sta girando presso colleghi, valutatori, ricercatori professionali e accademici.

Non un’ennesima collana metodologica, ce ne sono già abbastanza, e tutte assai qualificate. Ma in generale queste collane propongono una sorta di “scolastica” procedurale; i questionari sono quella cosa lì e si fanno così; i focus group sono quell’altra cosa là e si fanno nel tale altro modo… I fruitori di questi libri sono generalmente indotti a credere che il metodo equivalga alle tecniche, e che queste abbiano un modo “giusto” in cui essere applicate. In questo modo si producono dati in un determinato “formato” indubbiamente noto ma poco riflettuto, poco considerato. L’ignoranza sul formato informativo dei dati prodotti si riflette in ricerche dai risultati piuttosto generici, piatti, sovente scontati; non conoscere il formato informativo dei dati prodotti non consente di disegnare correttamente la ricerca, di utilizzare procedure d’indagine utili, utilizzarne i dati nel modo dovuto, dispiegarne le potenzialità.
Il metodo della ricerca dovrebbe partire inizialmente da queste considerazioni, accompagnate e seguite da riflessioni sul mandato della ricerca, sul contesto e i suoi attori, sull’organizzazione possibile della ricerca, per concludersi con la scelta delle procedure di ricerca che costruiranno non già “dei dati”, ma quei dati necessari, utili, pertinenti, nel formato migliore per conseguire le finalità della ricerca.
Ciò significa che spesso, prima di costruire il dato, si devono ricostruire le tecniche. Forse il questionario canonico non è la risposta giusta, ma un questionario “diverso”, con domande e altri strumenti non usuali, potrebbe essere una scelta migliore; così per i focus group, per le interviste, o per soluzioni empiriche che ancora non hanno un nome. Il ricercatore attento al formato informativo dei dati che gli servono “inventa” tecniche, manipola procedure, adatta strumenti, perché conosce il formato informativo dei dati che intende costruire.
Perché alla fine quello che conta veramente è l’ampiezza e varietà delle inferenze che quei dati consentiranno di fare.

Fra i nostri amici, colleghi, partner, c’è qualche ricercatore, professionista, studioso interessato? Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., e ne parliamo.